Marketing e inclusività sono forse le parole più lette e pronunciate da un po’ di tempo a questa parte. Sarà solo una tendenza? Crediamo che si tratti di una vera e propria evoluzione. Viviamo in una società che sta riconoscendo sempre di più il valore della diversità, ne sono una prova i movimenti LGBTQ+ e Black Lives Matter che portano alla luce questioni importanti come le differenze di genere e il razzismo. Questa nuova e auspicata sensibilità si è fatta largo nei reparti di HR delle aziende e soprattutto nella comunicazione dando vita a due filoni principali: quello che vuole trasmettere messaggi che abbattano gli stereotipi e l’altro che mira a rappresentare le diversità nel mondo reale.

Oltre gli asterischi c’è di più

Il marketing inclusivo non è focalizzato solo sulla diversità ma prende in considerazione la persona nella sua interezza, tenendo conto del fatto che possa rappresentare più identità, raggiungendola il più possibile nel suo universo. In quest’ambito, l’uso dell’asterisco o della “schwa” che ha tanto scatenato la guerra tra puristi e amanti dei neologismi, è solo la punta dell’iceberg. La comunicazione inclusiva punta tutto sull’empatia, sulla capacità del brand di accogliere tutte le complessità mostrando immagini realistiche e non stereotipate.

 

 

Un fattore importante che spinge il pubblico a identificare un brand come affidabile e a sceglierlo anche per i valori che riesce a trasmettere.

La sfida creativa del marketing inclusivo 

La comunicazione inclusiva ha un alto valore etico ed è un’appassionante sfida per i creativi che possono davvero osare, sfidando convenzioni che da tempo condizionano il modo di fare pubblicità. Un’opportunità da cogliere per dare più spessore e senso di realtà ai concept da cui nascono le campagne.

 

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